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Narrativa

L'INTERVISTA IMPOSSIBILE
di Carlo Adriano

LADY MACBETH

La preghiera riporta un po' di quiete nel mio cuore. Decido di fuggire dal castello durante la notte. Forse potrò approfittare dello scompiglio che vi si è diffuso, ed i sicari di lady Macbeth, inoltre, si aspettano che io parta domani mattina, quindi sarei in vantaggio di diverse ore su di loro. Il problema maggiore sarà quello di farmi aprire nel cuore della notte, ma confido nell'aiuto dell'Onnipotente.

Trascorso un certo tempo, preparo le mie poche cose, accendo la lucerna e mi avvio verso il portone del castello. Ovviamente è chiuso, e non c'è nessuno vicino ad esso, solo due sentinelle sui camminamenti di ronda che lo sovrastano. Di certo tutti gli altri soldati saranno riuniti nei loro alloggi a chiedersi cosa accadrà, ora che il successore legittimo di re Macbeth è morto.

Anche la piccola porta a sud, accanto al portone è sprangata. Mi guardo attorno, e vedo una misera baracca in legno addossata alle mura: deve essere la guardiola del portiere. Dall'interno proviene un russare fragoroso. Tempesto la baracca con i pugni, a lungo, prima di sentire una voce cavernosa e impastata.

"Questo si chiama bussare, veramente! Se uno fosse il portiere del Portone dell'Inferno, ne avrebbe abbastanza di girar la chiave. Bussa; bussa; bussa. Chi è, in nome di Belzebù! ... Bussa, bussa, bussa. Non si sta mai in pace. Chi siete? Ma questo posto è troppo freddo per l'Inferno. Non voglio più fare il portiere del diavolo: avevo pensato di fare entrare un qualche membro di tutte le professioni, che per un sentiero di primule se ne vanno al falò eterno. Eccomi, eccomi: vi prego, ricordatevi del portiere".*

Un essere sgraziato, quasi deforme, seminudo, appare alla luce della lucerna. Cerco di assumere un contegno normale, composto.

"Sei andato a letto così tardi, amico, che non ti alzi più?"
"Veramente, signore, abbiamo gozzovigliato fino al secondo gallo; e il bere, signore, è un grande provocatore di tre cose".
"Quali sono queste tre cose provocate dal bere?"
"Diavolo, signore, fa il naso rosso, produce il sonno e l'urina. In quanto alla libidine, signore, la provoca e la sprovoca: provoca il desiderio ma impedisce l'esecuzione. Perciò si può dire che il bere troppo giochi agli equivoci con la libidine: la crea e la distrugge; la spinge avanti e la tira indietro; la persuade e la scoraggia; la fa rizzare in piedi e barcollare; in conclusione, con l'equivoco la fa cadere nel sonno e, stendendola così e ingannandola, la lascia".*

Malgrado il mio stato d'animo non riesco a trattenere un moto di disgusto ascoltando le laidezze di questo individuo spregevole:

"Invece del vino avresti bisogno di parecchia acqua, portiere, soprattutto per lavarti la bocca da simili oscenità. Come puoi parlare con me in tal modo?"

Soltanto allora egli mi riconosce.

"Siete voi, messere? l'inviato del Vescovo?"
"Esatto, portiere, adesso apri la porta e lasciami passare!"
"Non è possibile, signore; durante la notte nessuno può uscire dal castello o entrarvi: ho degli ordini molto precisi e severi in merito a ciò".

Devo tentare il tutto per tutto, ne va della mia vita.

"Ho l'ordine personale della regina di raggiungere Edimburgo al più presto per avvisare il Vescovo della morte di Sir Lulach, affinché egli possa intervenire alle sue esequie, quindi sbrigati ad aprire, se vuoi evitare una durissima punizione!"

L'uomo finalmente sembra convincersi.

"Va bene, va bene, ho capito! Ma andarvene così, in piena notte e da solo, come un ladro non mi sembra opportuno, ecco".

Continuando a biascicare frasi incomprensibili l'uomo si decide ad aprire la porta. L'ho appena varcata, ma egli mi richiama:
"Messere, ma la vostra mula?"
"Si era azzoppata, e quindi la lascio nelle stalle del castello. Me ne procurerò una alla prima locanda".
"Addio, messere, che Dio sia con voi!"
"Addio, portiere".
Gli getto una moneta, ma non ricambio la formula beneaugurale.

Quante ore ho camminato sotto una pioggia violenta lungo strade fangose, incespicando nel buio della notte senza luna, trasalendo ad ogni fruscìo, con l'angoscia e la stanchezza che stroncavano i miei passi! Quante preghiere ho innalzato a Dio affinché mi desse la forza di proseguire per compiere interamente la mia missione!

Finalmente appare un lieve chiarore ad est, preludio dell'alba, mentre anche la pioggia diminuisce d'intensità. Poco dopo scorgo la sagoma di un edificio, con una tettoia ed un recinto per i cavalli. E' la locanda! Sono salvo! Qui troverò qualcuno che mi accompagnerà fino ad Edimburgo; se sarà necessario lo farò ricompensare lautamente dal Vescovo. Raccolgo le mie forze ed affretto i miei passi verso la locanda.
Passo accanto al recinto e mi accingo a chiamare qualcuno, quando dalla tettoia vedo uscire due uomini che si dirigono verso di me.

"Buongiorno, messere, sarete stanco! Ma ora potrete finalmente riposare in pace".

Alla debole luce della luna che si affaccia in quel momento tra le nuvole vedo balenare due lame di pugnale.

NARRATIVA


Prof. Carlo Adriano
Dottore in Filosofia, laureato presso l'Università degli Studi di Torino con una tesi sulla fenomenologia delle nuove religioni;
ha alle spalle anni di insegnamento di lettere e filosofia nella scuola Media Superiore.
Segni particolari biker.

Puoi contattare l'autore scrivendo a:
cadriano@diff.org


Racconti dello stesso autore:
Hal 9000
La Sfinge
Lady Macbeth


 



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